Ti vorrei libera

Ti vorrei libera da quei pensieri

che di notte ti fanno stare male

e ti copri di ansie e non riesci a dormire

e guardi tik-tok fino a crollare.

Ti vorrei libera quando non parli,

quando lo so che ingogli i tuoi urli.

Dietro ai tuoi si – len – zi

sento benissimo quello che pensi.

Ti vorrei libera pure da me,

che in gesti e parole ci sei solo te

e solo se parlo ti faccio soffrire

ho sempre paura di poter sbagliare

Li – be – ra

… perchè amore così tu sei nata

che in questa barra c’è poco spazio

per raccontarti di quella giornata.

Vorrei vederti volare lontano,

così poi ti perdo e ti tengo vicino

al mio cuore di padre, dentro i miei ricordi.

Vedrai per tornare non sarà mai tardi.

Vorrei portarti indietro nel tempo

prenderti in braccio soltanto un momento

per poi saltare nel tuo domani

e vedere una donna li-be-ra

Ti sembrerà strano

Io non parlo tanto bene e ti sembrerà strano,
ma se mi guardi negli occhi, troverai tante parole non dette.

A volte non capisco cosa vuoi e ti sembrerà strano,
ma se apri le tue braccia mi getterò su di te stringendoti forte.

Ho difficoltà con i sentimenti e ti sembrerà strano,
eppure nelle mie risate troverai il più gioioso dei bambini.

Faccio cose strane e certo questo ti sembrerà strano,
ma è solo perchè fuggo dalla frustrazione di non capirti.

Sono un bambino! e se questo non ti sembrerà strano,
devi solo camminare affianco a me tenendomi per mano.

Io e te verso l’infinito e oltre!

Per quando…

shutterstock_55878043Non hai colpa tu e forse nemmeno io,
è stato un momento lo sa pure Dio.
Adesso son qui, no, non me ne vado,
adesso son qui e ti ascolto e ti vedo…
…e non tornerò indietro.

Perché tutti i bambini hanno un loro papà…
…per quando il silenzio d’un tratto arriverà,
…per quando la tua notte è così lunga e scura,
…per quando anche il giorno ti fa tanta paura.

Sei solo un pulcino, ma già sai volare.
sai nelle tue storie io vorrei volteggiare,
come quando ti alzo e tu sbatti le ali,
volerei insieme a te lontano dai tuoi mali…
…lontano dai tuoi mali.

Perché tutti i bambini hanno un loro papà…
…per quando quel gesto di nuovo si ripeterà,
…per quando quello sguardo è così spento e lontano,
…per quando quella farfalla muove la tua mano.

Dentro al tuo mondo non devi restare
ma lascia ogni giorno che io ti possa amare.
Guarda i miei occhi ancora che oggi giochiamo
e sulle mie spalle io ti porto lontano.

Dalle tue orecchie ora togli le mani,
niente paura quando arriva domani.
Abbracciami forte adesso e non temere,
papà ora è quì e non ti fa cadere.

Perché tutti i bambini hanno un loro papà…
…per quando il rumore così forte li spaventerà,
…per quando quella luce è così luminosa,
…per quando faticano a dire una semplice cosa.

Perché il mio bambino ora ha il suo papà…
…per quando il giorno di nuovo ci sorprenderà,
…per quando non avremo più paura di niente,
…per quando tutto questo sarà poco importante…
…non conterà più niente.

(LDO)

L’Estate di San Martino

Capita ogni tanto che da genitore separato, ho delle ore una tantum da dedicare ai miei figli, magari anche in concomitanza del fatto che li vado a prendere a scuola. E’ capitato oggi, quando ho preso Elisa alle 16:00 e l’avrei dovuta riportare a casa dalla mamma alle 17:00. Un’ora insieme! Ora, in un’ora si possono fare molte cose, ma quando Doriana mi ha detto che in quell’ora, se ci riuscivo, dovevo anche fargli imparare la poesia “San Martino” di Giosuè Carducci, non ero proprio contento. Avete presente no? “La nebbia gli irti colli pioviggiando sale…”. elisa1

A parte che quella poesia mi ricordava tristemente la canzone di Fiorello, c’era pure il fatto che in quell’unica ora che quel giorno avrei passato con  mia figlia, proprio non mi andava di dedicare del tempo a Giosuè Carducci. Insomma, ero abbastanza scocciato, finchè mi è venuta un’idea tanto stramba quanto assurda.

Ore 16:00 sono fuori scuola di Elisa, la prendo e le dico che dobbiamo assolutamente imparare la poesia. Ora, il fatto è che Elisa sa bene che da papà “attore” quale sono, imparare la poesia non significa soltanto impararla a memoria, ma comprenderla e saperla recitare con sentimento! Ed è per questo che ho pensato ad un posto particolare dove passare la nostra ora per imparare quella poesia.

Arriviamo 10 minuti dopo. Parcheggio la macchina. Non c’è un’anima “viva” in giro. Un piccolo cartello indica che la chiusura sarà proprio alle 17:00 quindi perfetto per noi. Non dico niente ad Elisa, non le spiego dove stiamo andando. Lei è curiosa ma ovviamente si fida e mi segue nel lungo viale che stiamo imboccando.

Dopo un bel pezzo a piedi in quello che è una specie di parco ben curato, ci fermiamo davanti ad un lungo muro di pietra con una porta al cui fianco è fissata una scritta in bronzo “1939 – 1945 Deutscher Soldatenfriedhof” ovvero “1939 – 1945 Cimitero Militare Tedesco”. Elisa non capisce.

Prima di attraversare quella porta, spiego ad Elisa che quello è il periodo della 2° guerra mondiale; che i Tedeschi erano nostri alleati ma sono stati anche nostri invasori; che hanno sterminato milioni di ebrei; che volevano conquistare il mondo intero; che in quel periodo sono stati in qualche modo, la rappresentazione del male. E proprio in quel momento, ovvero nel momento in cui avevo dipinto nel peggiore dei modi l’esercito tedesco, l’ho invitata ad attraversare quel muro.

27.443 sono i soldati tedeschi sepolti a Pomezia. Elisa, immobile affianco a me, guarda incredula le migliaia di lapidi perfettamente allineate su un bellissimo prato verde. Allora le spiego che la maggior parte di quelle lapidi copre il corpo di giovani ragazzi che hanno lasciato la loro famiglia per non ritornare più a casa, le spiego che quello che ha davanti è il risultato delle guerre, le racconto che nonostante le guerre, l’odio, la cattiveria,  alla fine gli uomini si ritrovano tutti lì, sotto terra, tutti uguali.index

Poi ci avviciniamo alle lapidi e insieme iniziamo a leggere le date per calcolare rapidamente l’età di quei soldati. Elisa rimane stupita quando scopriamo che la maggior parte di loro ha poco più di 20 anni.

Ad un certo punto però mi chiede: “papà ma perchè siamo qui?”. Non le rispondo,  le chiedo di seguirmi e la accompagno fino ad una specie di altare rialzato che si trova in fondo al cimitero. Da quel punto si domina tutta la distesa di lapidi. Quindi tiro fuori il quaderno dal suo zaino e la invito a ripetere la poesia per poi spiegarle che avremmo dedicato quella poesia a tutti quei ragazzi.

Credetemi, è stato bello vedere che Elisa si è impegnata da subito non in una semplice lettura, ma in una vera e propria interpretazione di quella poesia. Era come se sentisse effettivamente la presenza di quelle 27.443 persone che in quel momento la stavano ascoltando. Ed è così che è andata.

Non potevamo trovare un luogo più tranquillo per dedicarci alla poesia di Carducci, non potevamo trovare un motivo più valido per dedicarci ad una sentita interpretazione e sono sicuro che se da qualche parte quei ragazzi potevano sentirci, beh, erano ben felici che una bambina di 9 anni fosse venuta a dedicare loro una poesia.

Ore 16:45 tra circa 15 minuti il cimitero chiude ed io ho paura che chiudano i cancelli e restiamo dentro, così chiamo Elisa e andiamo via. Uscendo, noto che c’è in un angolo il classico quadernone dove è possibile lasciare scritto un pensiero, così lo spiego ad Elisa e le chiedo di scrivere qualcosa.elisa2

Ora, che ci si può aspettare da una bambina di 9 anni? Magari un “Ciao da Elisa”, invece dopo pochi secondi la vedo prendere la penna e scrivere: “Riposate in pace senza guerra e ansia di morire”. Quella frase mi colpisce, la parola morte non è mai bella detta da un bambino e pensando male le chiedo: “Scusa Ely, ma perchè… tu hai ansia di morire?” e lei con naturalezza mi risponde: “papà, ma se questi ragazzi erano in guerra, io mi immagino che mentre combattevano avevano l’ansia di morire, non credi?”.

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Stai pe’ diventà padre

Stai pe’ diventà padre…
e pe’ certe cose… stamme a sentì:
dovrai attaccà er cappello.
Hai capito che te dico? nun poi fa più er monello!

Stai pe’ diventà padre…
ch’avrai ‘n chiodo fisso ‘n testa…
ma che stai a pensà? mica quello!
la creatura… er motivo della festa.

Stai pe’ diventà padre…
e certo… e che ce vò?
togli er pannolino, st’attento ar vestitino,
sciacquaie er culetto, poggialo sul letto.
“Attento che te cade! metteie er ciuccetto…”
“Oddio l’ha sputato! è annato sotto al letto.”
“E so giorni che nu dorme! ‘so le colichette!”
er ciuccio, l’aria quanno magna…
…ma la cacca l’hai guardata?

Stai pe’ diventà padre…
nun so ditte che vordì, nun l’ho capito manco io,
la vita m’è cambiata eppure ancora so contento,
perchè co’n pupo tra le braccia te scordi tutto quanto.

Ninna nanna

L’occhietti tuoi se chiudeno
dorcemente me saluteno.
Sei stanca, l’ho capito,
a fatica me strigni er dito.

Ogni tanto li riapri…
n’te preoccupà nun me ne so ito.
Sto qua! c’è pure mamma,
a sentì sta ninna nanna.

Da sola nun te lasciamo.
Forse dopo, quanno dormi,
quanno piano sul divano
penseremo ar fratellino.

Stella mia quanto sei bella
quanno me fai quella risatella;
sei capace con un niente
de famme sentì così importante.

Dormi piccola…
…nun pensà a niente:
la giraffa e il fiorellino
te li tiene papà, te li mette vicino.

“Ninna nanna, ninna oh,
questa pupa a chi la dò.
Me la tengo tutta io
perchè è un dono del buon Dio”

Il cedro regalato

C’è un cedro nel tuo orto che io t’ho regalato
te lo diedi brutto e storto, n’alberello malandato.
Mo’ ‘sta pianta zitta zitta a quella terra s’è aggrappata
e tu lo sai quant’è ricca, ‘pe quant’anni l’hai lavorata.

Negli anni me so chiesto se davvero ‘pe te era bello,
perchè l’avevi messa a pochi passi dal cancello.
E sì che te piaceva, solo dopo l’ho capito,
quando un giorno m’hai chiamato ‘pe famme vedé ch’era cresciuto.

C’è un cedro nel tuo orto che io t’ho regalato
e quanto t’assomiglia mo che è arto e ben formato.
Sta lì al cancello zitto zitto, in disparte, è riservato
e solo si arzi l’occhi te poi accorge ‘ndo è arrivato.

Chi entra nun se n’accorge, giusto il tronco po’ vedé,
perchè solo chi lo conosce la parte bella sa qual’è;
na chioma rigogliosa che te guarda da lassù
e se scusa per le radici un po’ come facevi tu.

Per Elisa

Le ali, anche piccole,
non te le hanno date
eppur sembri un angelo,
la più piccola delle fate.

Anche senza quelle
so che volerai lontano,
lo so da come stringi
il mio dito nella tua mano.

Della tua mamma
già riconosci l’odore
e dormi e sogni
accoccolata nel suo tepore.

Poi apri gli occhi,
la osservi attentamente
e quando li richiudi
sembri non temere più niente

Sono proprio i tuoi occhi
a darle la forza,
anche quando ti allatta,
quando diventi una morsa

Quindi bimba mia
guardala più spesso
e dille: “Mamma scusa,
meglio di così non posso.”