Se c’è una cosa che temo sono le analisi del sangue. E va beh direte voi, grande e grosso e… quando poi le analisi deve farle tuo figlio e tu devi dargli coraggio, la cosa diventa complicata.
Sabato scorso ci siamo recati al laboratorio di analisi e mentre Debora entrava per prenotare e prendere il numero, io e Matteo siamo rimasti fuori in attesa, insieme ad una decina di altre persone.
Come spesso capita, quando ci troviamo in queste situazioni di attesa, noto le persone che osservano gli strani comportamenti di Matteo e lo fanno con atteggiamenti diversi. C’è chi guarda per il tempo che basta a capire la situazione e c’è chi invece guarda in modo morboso e insistente per capire chissà cosa.
L’altro giorno però, tra le tante persone, c’è stata una signora che dopo pochissimi secondi si è avvicinata a Matteo e ha iniziato inaspettatamente a fargli domande: “Ciao, che bel gioco che hai, come ti chiami?”. Naturalmente Matteo non ha risposto, anzi non ha avuto nessuna reazione. In queste situazioni in genere intervengo spiegando che abbiamo qualche difficoltà a rispondere, ma questa volta me ne sono rimasto in disparte.
La signora non si è arresa e nonostante la benché minima reazione da parte di Matteo, ha continuato a chiedere: “Sei proprio un bel ragazzo, ma quanti anni hai?” ma niente, Matteo non ha reagito. Mentre la Signora senza arrendersi faceva domande, ho visto le persone intorno sempre più concentrare gli sguardi sulla situazione. Potevo immaginare cosa stessero pensando: “Ma perchè insisti?” – “Ma non vedi che ha problemi” – “Ma che bambino maleducato” (eh si c’è chi pensa anche questo) – “Ma lascialo stare”.
Era arrivato il momento di intervenire e togliere la signora dall’imbarazzo ma proprio quando faccio per alzarmi, dopo l’ennesima domanda non risposta, Matteo si volta verso la signora, le poggia lentamente la mano sul braccio e la guarda in volto, poi risponde “Nove… ho nove anni”. Al che intervengo “Matteo sei sicuro? Quanti anni hai” e lui subito col tono di chi si corregge: “Ehm, ho 10 anni” e subito la signora con grande gioia replica: “Ma allora sei grande…”. Questo è stato l’inizio di una piccolissima conversazione, fatta forse di altre due domande fino a che è arrivato il nostro turno e siamo dovuti entrare.
Era arrivato il momento delle analisi, dentro, una giovanissima infermiera, ci aspettava. Ho subito esordito dicendole “Guardi, abbiamo bisogno di tanta pazienza!”, lei non mi ha risposto ma da sotto la mascherina ho percepito un sorriso e subito si è rivolta a Matteo: “Allora vediamo un po… “ instaurando un rapporto gentile e accogliente e dando a Matteo il tempo di orientarsi.
Ora, Matteo non deve certo aver preso da me che quando faccio le analisi giro la testa dall’altra parte. Ero già pronto a dargli una distrazione, come il cellulare con i suoi cartoni, invece lui ha assistito a tutta l’operazione guardando incuriosito il lavoro dell’infermiera.
Vi chiedete come dovete comportarvi con una persona autistica? Esattamente come hanno fatto la signora prima e l’infermiera poi. Come con qualsiasi altro bambino ma con tempi diversi. Tra le tante necessità, i nostri bambini hanno bisogno di un tempo diverso.
Se avrete questa pazienza e questa capacità, avrete la possibilità di scoprire un mondo certamente diverso ma all’interno del quale un bambino rimane sempre un bambino.
Io e te, insieme a chi rispetta i nostri tempi, verso l’infinito e oltre!