I rifiuti della memoria

Polaroid_Land_Camera_360C’è chi vive tra i rifiuti, chi lotta contro i rifiuti e chi, come me, con i rifiuti ci lavora tutti i giorni. Ormai sono abituato a non parlare troppo del mio lavoro, beh perchè i rifiuti puzzano, puzzano di losco, di sporco, di poco chiaro. Comunque, trattando rifiuti, capita molto spesso che mi trovo alle prese con le più disparate merci, con i più impensabili oggetti e con i più bei “non rifiuti” che voi possiate immaginare.

I “non rifiuti”? Sono ovviamente tutti quei rifiuti che tali non sono, ma che per ragioni a volte futili, a volte semplicemente commerciali, si trovano insieme ad altri rifiuti. Tra i non rifiuti che più amo ci sono quelli appartenenti alla memoria, quelli che guardandoli ti raccontano una storia, quelli che toccandoli o annusandoli, come la più sofisticata delle macchine del tempo, ti riportano al passato.

Così capita di trovare una fotocamera Polaroid degli anni ’60, una radio antica, vecchi documenti, come un tesserino del “Partito Nazional Fascista” del 1932, oppure una scheda elettorale datata 2 giugno 1946, già, proprio quella che ci ha fatto passare dalla Monarchia alla Repubblica. Vi lascio immaginare quale gioia provo ogni volta nello scovare tali tesori, nel toccarli, nel salvarli dal peggiore dei destini. E se pensate che il peggiore dei destini sia la discarica, vi sbagliate di grosso, ancor peggio è senza dubbio l’oblio.

Questo l’ho capito un giorno, quando tra i non rifiuti, ho raccolto qualcosa che mai avrei pensato di trovare. Qualcosa che ha proprio voluto farsi trovare e che come accompagnata nel suo percorso, ha trovato il modo di tornare alla memoria.

Quel giorno tra i non rifiuti trovai delle lettere scritte negli anni 50, ma non erano semplici lettere, erano lettere d’amore. Quello che mi colpì in modo particolare, era il fatto che le lettere erano numerate una ad una e raggruppate in mazzetti molto ordinati. Erano centinaia di lettere, centinaia di pensieri d’amore scritti in francese che dall’Italia, avevano viaggiato fino al nord della Germania all’indirizzo di una signora tedesca di nome Ines.

Perchè quelle lettere si trovavano tra i rifiuti? Chi era Ines? E chi era il signor Billy che firmava tutte quelle lettere? Ma soprattutto perchè se l’indirizzo di destinazione era la Germania, ora si trovavano qui in Italia?

Quelle lettere erano pregne di memoria, di vissuto, d’amore. Solo toccandole, senza nemmeno leggerle, potevi avvertire che c’era qualcosa oltre la carta di cui erano fatte. Non potevo lasciarle tra i rifiuti e nemmeno tra i miei non rifiuti, dovevo capire perchè. Se pure la signora Ines e il signor Billy erano morti, ci doveva pur essere qualcuno che avrebbe dovuto custodire quel tesoro.

I giorni a venire insieme alla mia amica Serena, abbiamo provato a leggere qualcuna delle lettere sperando che tra le belle parole francesi che il signor Billy scriveva alla signora Ines, ci fosse qualche indizio in più. Avevamo infatti ben poco: Su tutte le lettere non c’era l’indirizzo del mittente; il signor Billy nel firmarsi non aveva mai messo il cognome e non sapevamo se il suo era un vero nome o un nomignolo.

L’unica cosa che avevamo era l’indirizzo di destinazione. Cercai allora su Internet e trovai che a quell’indirizzo risultava uno studio di una psicoterapeuta ma con un cognome completamente diverso da quello della signora Ines. Non rimaneva che telefonare allo studio e capire se la psicoterapeuta sapesse qualcosa della signora che negli anni 50 abitava in quella casa.

Fortunatamente Serena oltre al francese parla anche il tedesco e così al telefono con la psicoterapeuta, si sente raccontare che la signora Ines abitava in quella casa ma da quanto ne sapeva lei, si era trasferita in Italia e non conosceva il suo nuovo indirizzo.

Serena in qualche modo era riuscita a coinvolgere la psicoterapeuta nella nostra storia, tanto che quest’ultima si era fatta lasciare l’inidirzzo e-mail, perchè voleva cercare nell’atto di vendita della casa per vedere se c’erano altre informazioni a noi utili.

Il giorno dopo ci è arrivata la tanto attesa e-mail da parte della psicoterapeuta che diceva che tra i vari contatti, aveva trovato anche il numero di telefono del fratello della signora Ines. Telefonammo subito a quel numero ma rispose una signora che appresa la nostra storia, dopo averci detto che il fratello della signora Ines era morto, ci raccontò finalmente chi erano la signora Ines e il signor Billy.

Per questa storia, non è importante sapere chi erano i nostri due innamorati e nemmeno è importante sapere che Billy era un personaggio famoso, uno dei pionieri della musica italiana. Non posso e non voglio scrivere di loro, di Ines e Billy i cui nomi ovviamente sono di fantasia. Quel che posso raccontare però è che trovai la risposta a una delle mie domande. C’era, eccome, chi avrebbe dovuto custodire quel tesoro di carta.

La signora tedesca al telefono con Serena tra le tante cose, raccontò che Ines e Billy avevano due figli e che uno viveva in Germania a Berlino e l’altro in Italia. Poi aggiunse che aveva il numero di telefono ma soltanto del figlio che viveva a Berlino.

Serena ormai presa dalla storia e emozionatissima, telefonò a Berlino. La sensazione che si ha quando si fanno ricerche del genere, è quella di conoscere le persone che si stanno ricercando più di quanto effettivamente si conoscono. Non so spiegare bene, ma ad un certo punto sia Ines che Billy sembravano per noi persone che conoscevamo da sempre.

Al telefono Serena sembra non trattenere l’emozione, come se stesse parlando con il figlio della sua più cara amica. Dall’altra parte un uomo emozionato, il figlio di Ines, resta sorpreso dalla storia delle lettere. Ci dice che non riesce a spiegarsi come siano potute arrivare a noi tra i non rifiuti, ma che è contentissimo di sapere che sono salve. Poi l’uomo ricorda che a casa sua, in Italia, anni fa c’era stato un furto e ci dice: “forse in quel frangente avevano anche rubato le lettere” e poi aggiunge “non credo che mio fratello in Italia abbia deciso di buttarle…”. Io ci credevo che lui non credeva, ma da lì a poco avrei iniziato anche a credere che quelle lettere non erano state rubate.

La telefonata si concluse quando l’uomo diede a Serena il telefono dell’altro fratello, quello che viveva in Italia, con la richiesta di consegnare a lui le lettere anche perchè scoprimmo che vivema molto vicino a noi.

Il finale di questa storia poteva essere scontato. Noi telefoniamo, lui, il fratello in Italia ci dà l’indirizzo e noi gli diamo le lettere. Ma sono bastate poche parole al telefono con il fratello in Italia, per capire che non poteva essere quello il finale della nostra storia.

Se c’era un motivo per cui quelle lettere erano arrivate a noi, era sicuramente quello di poter in qualche modo tornare in un luogo dove qualcuno le avrebbe custodite con amore. Qualche giorno dopo, senza pensarci poi troppo, preparammo un plico e spedimmo le lettere in Germania a Berlino.

Ines e Billy erano morti due volte, la seconda quando l’ultima delle loro lettere d’amore era stata rubata, si, ma dalla memoria e da lì gettata tra i rifiuti.