Anche quest’anno sono stato a Ecomondo fiera di riferimento del mio lavoro e come capita spesso ho partecipato ad una cena su invito di un importante gruppo del settore. Immaginavo, già ancor prima di andare, che sarebbe stata una cena con momenti “comunicativi”, quello che non immaginavo però è che tutto sarebbe iniziato con qualcosa al limite del “Disability Washing”.
Non conoscete il termine? Fino a pochi giorni fa nemmeno io. Conoscevo il “Green Washing” che vuole rappresentare il voler forzatamente divulgare un’immagine aziendale sensibile ai temi ambientali ai soli fini commerciali e di questo, aziende come le nostre che si occupano di servizi ambientali, sono spesso accusate. Ecco, chi fa Disability washing fa la stessa cosa ma con la disabilità.
Pensavo di andare a partecipare ad una buona cena, immerso in un contesto di decine di persone che conosco e che fanno il mio stesso lavoro, invece sono andato a lezione forzata di inclusione e disabilità, pur avendola tatuata sulla pelle e nel cuore. Sono stato fortemente scosso. Non ho dormito.
Il fatto è questo. Sono anni che mi occupo tra le altre cose dell’immagine della mia azienda, un’immagine che cerca in tutti i modi di trasmettere agli altri che la nostra è un’attività industriale come tante altre e che abbiamo certamente una sensibilità, ma per qualcosa che facciamo nei fatti! Abbiamo il “recupero” nel sangue e nell’anima da sempre, ma è nei fatti che lo dimostriamo.
“Fatti e non pugnette” diceva un comico di Zelig che amavo. Sono certo caro imprenditore che hai deciso di intrattenermi a tavola con una lezione sull’inclusione e la disabilità durata forse 20 minuti, che tu abbia veramente a cuore questo tema e allora completo la tua lezione con qualcosa che spero davvero ti faccia riflettere.
Esistono diversi tipi di “inclusioni” che stanno a cuore a tutti i disabili e a tutte le famiglie dei disabili: L’inclusione scolastica per i più piccoli, l’inclusione lavorativa per gli adulti e l’inclusione sociale per tutti. Noi imprenditori che ci occupiamo di “lavoro”, se davvero abbiamo a cuore questo tema, possediamo e maneggiamo la cosa più preziosa a cui un disabile possa ambire.
Caro imprenditore hai un fantastico gruppo, e lo dico sul serio, che oggi conta probabilmente 1.500 dipendenti, ti lancio una proposta: Perchè fermarsi all’obbligo di legge di assumere il 7% di disabili? Perchè non aumenti quella percentuale, anzi, facciamolo insieme. Pensa se solo la portassimo all’8% nel tuo caso, con un solo punto percentuale, daresti lavoro ad altri 15 disabili!
Hai spiegato durante la cena che la fondazione che hai creato non è erogativa ma fa azioni concrete nel campo dello sport con la realizzazione di campi di calcio inclusivi! Mi complimento con te, tutto molto bello e lodevole.
Ma sai, penso a Matteo, mio figlio autistico, un giorno, quando avrà superato i 18 anni e avrà fatto una bellissima partita inclusiva di calcio per poi tornare a casa e non avere nessuna altra cosa da fare, nessun lavoro, nessuna prospettiva per il suo futuro.
E’ il “lavoro” il bene più prezioso! è il lavoro che un giorno lo farà sentire utile e totalmente abile nonostante la sua disabilità. E’ il lavoro che come imprenditore puoi, posso e possiamo, anzi dobbiamo offrire. Posso lasciare in eredità a mio figlio mille campi da calcio e un buon conto in banca ma farò molto di più nel momento in cui riuscirò ad impegnarlo in un lavoro in cui potrà finalmente sentirsi incluso.
“Fatti e non pugnette” io lunedì tornerò in azienda e grazie a te mi sono caricato di obiettivi concreti che spero quanto prima di realizzare.