Quando cade un quadro

Per anni ho recitato un monologo dove parlavo di un quadro che cadeva. Avete presente no? quando nella vostra vita in un momento qualsiasi succede qualcosa di inaspettato? Così nel monologo, quando ad un certo punto FRAANNNNN, il quadro senza motivo cade. Ecco, sappiate che il rumore che farà il vostro quadro sarà tanto più forte quanto è il silenzio che avevate intorno.

Sabato pomeriggio ho portato Matteo a cavallo, così faccio spesso da qualche fine settimana visto che il mio campione si sta preparando per le gare di volteggio. Matteo era particolarmente felice e rilassato, quel giorno era più forte del suo autismo. Eh già, perchè bambini come lui vincono o perdono tutti i giorni infinite battaglie e naturalmente noi tutti, la sua famiglia, siamo preziosi soldati al suo fianco! Quel giorno vincevamo noi.

Quando capitano questi momenti: quando il nostro campione cerca i tuoi occhi, quando il suo sorriso è pieno e consapevole, quando ti chiama e ti vuole vicino, insomma quando si vede chiaramente che tiene il suo autismo per il collo e sta vincendo la sua battaglia, beh in quei momenti ci ricarichiamo di forza e speranza.

E capita che in quei momenti Matteo tira fuori le sue emozioni e i suoi sentimenti migliori. E allora giù a giochi, coccole, abbracci, baci e ogni altro mezzo per dirci che ci vogliamo bene. Perchè dovete sapere che a voce, Matteo, non me lo ha mai detto. Già, in 8 anni non mi ha mai detto che mi vuole bene. So cosa penserà qualcuno di voi: “ma te lo dimostra!”. E certo non ho dubbi che Matteo mi voglia bene, ma la mancanza di queste tre piccole parole fanno parte di un inseme di cose, di un insieme di troppe cose a cui noi “famiglie autistiche” abbiamo dovuto rinunciare!

Insomma quel giorno stavamo così bene che quasi mi dispiaceva lasciarlo al maneggio. Anche Matteo non era particolarmente felice di rimanere lì, mi stringeva la mano e voleva palesemente che restassi con lui, cosa che non era possibile durante gli allenamenti.

Così cercai di tranquillizzarlo dicendogli che sarei tornato in poco tempo a riprenderlo e che doveva allenarsi per diventare bravo sul cavallo. Arrivò il momento di lasciarsi la mano e di lasciarlo lì insieme agli altri bambini. Naturalmente quella, a parte la felicità di quel giorno, era una scena vista e rivista durante diversi fine settimana ma proprio dopo aver lasciato la sua mano, Matteo mi guarda e… cade il quadro!

“Papà… ti voglio bene!”

Un rumore forte assordante è l’unica cosa che posso paragonare alla sensazione che mi ha assalito e che in una frazione di secondo ha cancellato infiniti giorni in cui ho aspettato quel momento. “Papà, ti voglio bene!” non è stata solo la comunicazione di un sentimento, non so spiegarvi, era come se tutto quello di cui avevo sempre avuto bisogno fosse racchiuso in quelle parole, come se da li in poi, non avrei più avuto bisogno di niente.

Non so se qualcuno mi ha visto in quel momento, perchè non ho saputo trattenere l’emozione, non avrei mai potuto trattenerla. Matteo aveva scatenato in me un flusso di emozioni pari a uno sciame d’api impazzito. Così l’ho abbracciato, non volevo vedesse le mie lacrime, non volevo che magari le scambiasse per qualcosa di diverso. Poi gli ho dato un bacetto e l’ho lasciato al suo allenamento.

FRANNNNNN!!! il mio quadro ha fatto un bel rumore e adesso, a distanza di poco tempo, so bene cosa ha lasciato in me… una infinita speranza!

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