Mercoledì ore 16:00, avevo appena finito di lavorare, o meglio, ero letteralmente scappato da lavoro senza nemmeno finire le ultime cose. Dovevo andare alle prove dello spettacolo, dovevo correre. Pochi giorni e avrei messo in scena il mio primo spettacolo teatrale. Chi l’avesse mai detto! Su su… via dalla strada… ops… scusi.. insomma, sì, mi sbrigavo ma non correvo… volevo arrivarci alle prove, erano mesi che ci lavoravo… “eh che proprio oggi devo fare l’incidente?” mi sentivo già le voci dire “il destino!… c’aveva lavorato tanto a quello spettacolo…” no, no, io ci volevo arrivare sano e salvo, ci volevo arrivare a quel giorno e tutto sarebbe stato perfetto.
Il cellulare?! chi è che rompe? lo dico sempre io, “Il cellulare deve essere una mia comodità, non una comodità degli altri!” pensai per un attimo di ignorarlo. Troppo spesso mi dico che dovrei ignorarlo, poi vuoi la curiosità, vuoi quel timore di perdere quella telefonata che magari è importante, che magari poi ti penti di aver ignorato, e così lo guardi, il telefonino e pensi: “…vediamo almeno chi è…”.
Massimo!? eppure non ero in ritardo “Pronto… ciao Luca, non venire a casa, vieni in via D’Annunzio… troverai un cancello bianco, mi trovi lì… poi dopo andiamo a casa mia.” Un attimo e capii che si trovava in quel posto di cui parlava spesso, era un’associazione per ragazzi disabili. Mi chiesi perché mi faceva andare lì, ma non me ne preoccupai poi tanto, in fondo ero sempre stato incuriosito dalle sue attività.
Non feci in tempo ad arrivare e cercare parcheggio che Massimo era già davanti al cancello bianco, forse temeva che non avrei trovato l’ingresso. Scesi e quasi per giustificarsi mi disse “Stiamo un attimo qui che ho delle cose da fare e poi andiamo, non ti dispiace vero?” avevo previsto di dedicare tutto il pomeriggio alle prove che ormai erano anche a buon punto, quindi stare qualche minuto lì non mi dispiaceva affatto.
Il più delle volte quando Massimo parlava dell’associazione dei “diversamente abili” nella mia testa immaginavo delle persone con difetti fisici evidenti e quindi entrando mi ero preparato ad affrontare chissà che genere di situazione. Massimo mi fece strada. Sulla porta incontrammo una signora bionda e riccia, piccolina di statura ma con un volto familiare, eppure non l’avevo mai vista. Più tardi capii che quella familiarità, le veniva da caratteristiche ben precise che in passato avevo ritrovato solo in poche altre donne. Quel suo viso, quel suo sorriso, d’impatto, mi dissero molto di lei. In quella donna vedevo chiaramente una forza ed un’energia fuori dal comune. Era il presidente dell’associazione.
Massimo mi presentò, dicendo che ero uno degli allievi del suo laboratorio teatrale, lei capì subito, eh si perché Massimo aveva due laboratori teatrali: uno con i diversamente abili e uno con noi… abili.
Salutata la donna Massimo riprese a camminare lungo un corridoio colmo di foto, disegni e cartelli di tutti i colori fino ad arrivare in un’enorme stanzone dove finalmente esordì con un caloroso saluto a tutti i presenti. Davanti a me trovai una ventina tra ragazzi e ragazze, avevano tutti tra i 20 e i 40 anni e ad eccezione di qualcuno, tutto sembravano ai miei occhi, tranne che diversamente abili. Qualche ragazzo era in piedi, ma la maggior parte erano seduti in piccoli gruppi ed impegnati in diverse attività. Alla vista di Massimo quasi tutti si alzarono contenti di vederlo e lo salutarono affettuosamente.
Rimasi lì fermo, un po impacciato e senza sapere cosa fare. Insomma mentre ero in attesa mi si avvicinò un ragazzo e porgendomi la mano, con una voce che compresi con difficoltà, mi si presentò dicendo “Io sono Mario”. Gli restituii la cortesia e mi presentai anch’io. Subito rimasi turbato dal poco spazio che c’era tra me e Mario. Già, tra persone “normali” di solito c’è tanto spazio, troppo spazio. Abbiamo paura noi normali, e così ci teniamo alla larga a vicenda, ma li era diverso, quel ragazzo era già entrato nel mio spazio, non aveva paura lui, così imparai subito che non dovevo averne nemmeno io, anzi non potevo averne. Immaginatevi se qualcuno al vostro incedere si scansasse. No no, non mi sentivo proprio di tradire quella fiducia, così accorciai anche io quelle distanze ed entrai nel suo spazio.
Massimo, che nemmeno si era accorto della scena mi presentò al resto dei ragazzi: “Lui è Luca, è un bravissimo attore… sai Luca” aggiunse rivolgendosi a me e dandomi una inconsueta importanza “anche loro stanno studiando Novecento, come te… anzi!! perché non gliene fai un pezzetto??” Che esagerato! “bravissimo attore!” mica me l’aspettavo, ero lì, appena arrivato, di corsa, con la mente concentrata alle prove, in un contesto che non avevo mai avvicinato e ora mi trovavo in una situazione in cui non potevo rifiutarmi e tirarmi indietro, anche perché a quell’annuncio i ragazzi avevano esultato e la cosa mi aveva piacevolmente inorgoglito.
Massimo allora mise della musica di sottofondo e mi invitò a prendere posto davanti ai ragazzi che nel frattempo si erano seduti a mezza luna improvvisando un piccolo palcoscenico, proprio come facevamo noi nel nostro laboratorio teatrale… quello… abile.
Sentivo di essere emozionato, lo sono sempre prima di esibirmi, ma stranamente lo ero più del solito. Iniziai a recitare l’incipit e da subito mi colpì una cosa, qualche ragazzo muoveva la bocca insieme a me, come se recitasse in playback, già, “lo stanno studiando” pensai, e quindi lo conoscono a memoria. La cosa mi distraeva tremendamente, tant’è che mi prese un vuoto di memoria e mi bloccai di colpo. Ero in imbarazzo. Massimo allora con calma mi invitò a continuare e recitò di nuovo le mie ultime battute riuscendo a sbloccarmi. Ripresi a recitare e finalmente entrai nel mio personaggio. Cercai di dare il meglio di me nella mia interpretazione e mentre recitavo, tornai ad osservare le facce dei ragazzi che a tratti sgomente e a tratti sorprese o sorridenti seguivano ogni mio movimento.
Dopo qualche minuto recitai l’ultima frase e i ragazzi esplosero in un applauso che a me riempì il cuore di gioia. Mentre liberavo quel palcoscenico immaginario, sentii parlare uno dei ragazzi, proprio uno di quelli che se lo avessi incontrato per strada tutto avrei detto, tranne che era un diversamente abile, insomma rivolgendosi a Massimo e con un’espressione quasi rassegnata gli disse “Massimo, ma noi non ce la faremo mai a farlo così!”.
Ora qualcuno penserà, “beh è normale! detto da un diversamente abile”, ma non è normale affatto! Quella frase l’avevo detta un sacco di volte anch’io e l’avevo sentita dire anche da tante altre persone “abili”. Già, quante volte davanti ad un grande attore avevo pensato: “Cavolo come recita bene… non ce la farò mai ad essere come lui!” ero semplicemente DIVERSAMENTE ABILE!
Siamo tutti diversamente abili, chi più chi meno ma tutti. Cosa caratterizzerebbe un normale? quante sono le abilità che fanno di un individuo una persona normale? qualcuno le ha mai contate? c’è la formula matematica? un braccio fa 2 punti, poi ci aggiungi il Q.I. e sottrai il numero delle gambe, quindi dividi per gli occhi… che differenze così evidenti avevamo io, Mario ed Einstein? Per quanto mi riguarda, siamo tutti diversamente abili.
Per giorni ho pensato a quell’episodio e per giorni ho cercato una risposta da poter dare a quel ragazzo. Cosa avrei potuto dirgli per spingerlo a continuare? Quale doveva essere il suo obiettivo per non arrendersi. La risposta era semplice ma alla mia “diversa abilità” ci vollero un po di giorni per trovarla.
Cosa spingeva me a fare teatro e a continuare, malgrado ero anch’io diversamente abile rispetto a tanti mostri sacri del teatro e del cinema? che cosa manteneva in me quella passione che forse non avrebbe portato mai a niente o comunque mai ad essere uno di quei “mostri sacri”? la risposta era semplice, ma come al solito è nelle cose semplici che ci perdiamo. Tutto ruota intorno alla voglia e il bisogno di essere migliori. Quel ragazzo come me doveva aspirare a migliorare e quella donna forte che incontrai e con lei Massimo e con lui tutte le persone in quella sala, erano li per quello. La voglia di essere migliori è quella che ci guida costantemente nelle nostre scelte. La voglia di essere più belli, più intelligenti, più forti, più vivi… semplicemente… la voglia di essere più abili.