Qualche tempo fa, dovevamo allestire uno spettacolo teatrale all’interno del nostro laboratorio, dove ognuno di noi avrebbe avuto un monologo da interpretare. Come di solito avviene, all’interno del laboratorio avevamo più donne che uomini, così non avendo sufficenti monologhi per donne, ho pensato di provarne a scrivere uno. Ho passato diversi minuti su Internet alla ricerca di un tema adatto, poi, per caso, mi sono imbattuto sul tema della prostituzione. Ho letto dei rapporti della polizia, ho provato a calarmi nei panni di una di quelle ragazze ed ho iniziato a scrivere di getto. E’ stata un’esperienza intensa, non ho fatto una pausa nello scrivere e mentre lo facevo ho iniziato a piangere. Piangevo perché in quel momento ho provato l’angoscia di chi nella vita non ha scelta, di chi per una serie di circostanze non ha potuto agire differentemente.
Il mio nome è Laura, ho 25 anni e sono Albanese… (si ferma, poi come dispiaciuta)… no… il mio nome non è Laura, ma Mjaltushe… un nome che voi non sapete pronunciare, è per questo che mi faccio chiamare Laura, per non sentir rovinare il mio bellissimo nome… (si interrompe di nuovo)…no… in realtà non è solo per questo.
Il fatto è che quando mi chiamano Laura, mi sembra come se chiamassero un’altra donna, come se tutto quello che facessi non fossi io a farlo, ma Laura, una donna che non conosco, una donna diversa da quella che sono io. E’ come se in questo modo io riuscissi a proteggermi, a proteggere il mio nome, a proteggere tutto quello che sono veramente.
Sono la prima figlia di una famiglia molto povera… e molto povera in Albania significa… molto! (cerca di spiegare)… ecco… quando uno spiraglio… un piccolo spiraglio che la vita sembra offrirti, si apre di fronte a te, per un attimo dimentichi tutto e non riesci a vedere nient’altro, se non quello spiraglio di luce che ti acceca.
Il suo nome era Gianni, un bellissimo ragazzo italiano, mi era stato presentano dal fratello della mia migliore amica Tumira. I suoi modi, il suo sorriso, erano per me qualcosa di un altro mondo, quel mondo che ogni tanto vedevo in televisione, a casa di Tumira quando guardavamo i programmi italiani.
Un piccolo spiraglio… ecco perché ho iniziato a frequentarlo, nelle rare volte che veniva al mio paese… ecco perché ho accettato incondizionatamente, quando un giorno, dopo poco tempo, in un momento in cui non me lo aspettavo, mi ha chiesto se volevo sposarlo.
“Vedrai sarà bellissimo! L’Italia ti piacerà” ecco cosa mi diceva. Poi è partito, dicendomi che mi avrebbe aspettato e lasciandomi solo un biglietto con il nome dello scafista e l’indirizzo da raggiungere non appena arrivata in Italia.
Un piccolo spiraglio… ecco perché mi sono fatta coraggio e partendo non ho pensato al fatto che non avevo mai lasciato il mio piccolo paese… non avevo i documenti per l’Italia… non ero mai salita su una barca (pausa) non sapevo nuotare.
Gianni aveva pensato a tutto per me. Arrivata a Valona, rimasi sorpresa del fatto che lo scafista avesse un foglio con sopra il mio nome. Quando tornai di notte, all’appuntamento che lo scafista mi aveva dato per la partenza, ero terrorizzata. Con me gente di ogni tipo… disperati… profughi e tante, tantissime altre ragazze.
Un piccolo spiraglio… ecco perché non mi preoccupai e mi concentrai sul mio uomo, sul mio Gianni, su una nuova vita che avrei avuto in Italia. (cambia tono) Mi sentivo fortunata. (lunga pausa)
Non ho più rivisto Gianni, non ho più rivisto i suoi sorrisi…(pausa poi triste) non ho più condiviso un vero sorriso. Arrivata in Italia, senza nemmeno aver il tempo di capire cosa stesse accadendo, sono stata venduta in poche ore… sono stata violentata per giorni… sono stata segregata per mesi… sono stata annientata per sempre.
Un piccolo spiraglio… ecco cosa mi permetteva di vedere fuori da quella stanza in cui mi avevano rinchiuso, un solo piccolo buco nella parete.
Sindrome di Stoccolma è chiamata… ami i tuoi violentatori… sono i tuoi signori… i tuoi padroni… ecco cosa ero arrivata a fare… a dire grazie, a supplicare e ad amare i miei aguzzini.
Un piccolo spiraglio… che un giorno, quando ormai avevo dimenticato il trascorrere del tempo, è tornato ad essere un fascio di luce che mi illuminava il volto. Pensavo di essere libera, potevo uscire, mi stavano portando fuori da quella stanza.
Parole… rumori che da mesi non udivo… parole… colori, più vivi di quelli cupi e spenti della mia stanza… parole… poi di colpo un suono… una parola che mi ha fatto vibrare l’anima, che mi ha riportato indietro… che mi ha fatto capire…. “Briza”… (ricorda)… “Briza”… il nome di mia sorella sulla bocca minacciosa di uno dei miei aguzzini, poi quello di mia madre ed infine quello di mio padre.
Un piccolo spiraglio… che dalla luce mi ha portato al buio più completo.
Non ho sofferto tanto per quello che mi obbligavano a fare, non ho sofferto… perché non ero io a farlo, ma era Laura. Io soffrivo solo per quegli sguardi sulla strada, per quegli occhi che curiosi mi osservano… quegli occhi che eccitati mi spogliavano… quegli occhi che rabbiosi mi accusavano… quegli occhi che erano gli stessi occhi di chi mi aveva ingannato, gli stessi occhi di Gianni.
Un piccolo spiraglio… è questo che ho aspettato per anni mentre battevo il marciapiede, mentre mi truccavo continuamente, come per piacere a chi mi comprava tutti i giorni, come per sentirmi più pulita e bella… almeno fuori.
(lunga pausa poi sorride)
Oggi sarò finalmente libera… oggi Briza, la mia sorellina non dovrà temere più niente… Oggi finalmente potrete richiamarmi Mjaltushe e non importa che lo pronunciate male… Oggi finalmente posso decidere io.
Un piccolo spiraglio… è questo che spero di rivedere tra qualche istante, quando faranno effetto le pillole che ho ingerito e chiuderò gli occhi per sempre.